MATERIALI E PROCEDIMENTI

  La vernice - La morsura - L’acciaiatura - L’inchiostro - La carta - La stampa al torchio

La vernice  

La vernice di solito è composta da cera vergine, asfalto e gomma mastice. A queste sostanze altre se ne possono aggiungere, come la resina di ambra, la colofonia, il sego e la paraffina, secondo il tipo di vernice che si desidera ottenere. La vernice può essere solida o liquida: fondendo le sostanze, prima descritte, a caldo si ha vernice solida; sciogliendole con etere, benzina rettificata o benzolo, essenza di trementina o altro solvente si ottiene vernice liquida. Per stendere la vernice solida basta scaldare la lastra e con un rullo apposito distendervela in strato sottile. La vernice liquida, invece, si distende a freddo, mediante un pennello di media grossezza e di setole finissime. Come ultima operazione si affumicherà la superficie.

La morsura

Con il termine "morsura" si intende l'operazione chimica (corrosione) che avviene durante l'immersione del metallo nel bagno d'acido. Il mordente più comunemente usato è l’acido nitrico (H. NO3), ma si adoperano altre soluzioni, tra cui il percloruro di ferro e il mordente olandese, specialmente indicati per il rame. Per lo zinco, l’acido nitrico va miscelato con acqua in modo da portarlo a circa 10 gradi, mentre per il rame, va portato a 20 gradi. Versato il mordente in una bacinella si sorveglia la “morsura”, curando di non lasciar troppo allargare i segni e di non permettere che la vernice si sfaldi. Per una corretta acidatura, si dovrà tener presente la qualità della matrice, la purezza dell’acido e la temperatura dell’ambiente nel quale si opera. Due sono i metodi di morsura per eseguire l’acquaforte: a morsura piana (con un bagno unico) - a copertura (con successive morsure).

 

L’acciaiatura

L’acciaiatura viene data alle matrici, incise con qualunque tecnica, per conservarle, preservandole dal logorio delle tirature. Nella puntasecca, serve a fissare le caratteristiche “barbe”, che altrimenti sparirebbero dopo poche copie.

L’inchiostro

Per fare l’inchiostro calcografico bisogna mescolare con una robusta spatola di metallo 60 grammi di olio di lino bruciato, 20 grammi di olio di lino crudo e tanto nero fumo fino a quando si otterrà una pasta densa, vischiosa e compatta.

La carta

La carta dovrà essere poco collosa, ma pastosa e resistente. Dovrà essere bagnata (per alcuni tipi anche ventiquattro ore) prima della stampa. Se la carta non è sufficientemente bagnata, la stampa risulterà debole, incerta; se sarà eccessivamente bagnata, l’inchiostro aderirà male alla carta dando alla stampa un aspetto sbavato, macchiato e confuso.

La stampa al torchio

L’inchiostrazione è l'operazione più importante e delicata del processo di stampa, e può condizionare la resa dell’immagine incisa, in fatto di velature e perfetta traduzione del segno. Con un tampone di pelle o con una spatola di gomma si fa penetrare l’inchiostro anche nei più sottili segni incisi, a volte riscaldando la lastra per rendere più fluido l’inchiostro. A questo punto inizia la pulitura, che consiste nell’asportare per fasi successive l’inchiostro in eccesso sulla superficie. Dapprima con una garza a trama larga detta "tarlatana", in seguito "a palmo" o con sottili veline di carta. Pulita perfettamente in superficie e lungo i bordi, la lastra è pronta per la stampa, dopo essere stata sistemata sul piano del torchio. Un foglio di carta da stampa inumidito, viene adagiato e centrato sulla matrice stessa, ricoperto poi da un feltro di lana che conferirà maggiore elasticità alla pressione tra i due rulli. Ruotando il timone, il piano del torchio avanzerà "pressando" fortemente la lastra al foglio, trasferendo cosi l'inchiostro, e di conseguenza l’immagine (rovesciata) sulla carta. L’incisione a colori si può ottenere (per sovrapposizione) inchiostrando più matrici, stampandole poi, a registro e in successione sullo stesso foglio; oppure inchiostrando la sola lastra, a zone, con più colori (à la poupée).

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